Articolo di Caterina Buracchi

Se la vita della persona con la quale decidi di vivere subisce una svolta imprevista, anche la tua vita seguirà un cammino differente.
L’Umano #0.4 ha tenuto la propria vita paralizzata per molto tempo, come la tetraplegia ha tenuto in ostaggio suo marito. Poi, una mattina sul lungomare di Nizza, una sirena e centinaia di persone in costume da bagno le danno la spinta giusta per riprendersi in mano. Così la vita di entrambi è tornata a muoversi.


Lei ha deciso di diventare una Ironman e sa come trasformare anche te.
Lei è Sabrina Schillaci.

Sommersi da un trauma improvviso

Una coppia felice in gita al lago con amici nell’estate 2007: ecco dove e quando avviene la tragedia. La tetraplegia di Davide, il marito di Sabrina, è causata da un tuffo in acqua proprio durante quella giornata spensierata. Sono sposati da diversi anni, lavorano insieme in un negozio di arredo e la sintonia non manca mai: insomma, la routine è consolidata e vissuta con entusiasmo. Da quel fatale giorno, però, la quotidianità cambia completamente; i medici, infatti, dicono che Davide necessita di assistenza continua e Sabrina, pensando di non far pesare al marito la condizione di disabilità, non vuole assumere nessuno che l’aiuti. Veglia così su Davide ventiquattro ore su ventiquattro. Il peso dell’assistenza continua è grande e Sabrina, anche se è forte, non può sottrarsi a una condizione che a lungo andare riguarda molti caregiver: la depressione.

Caregiver,
la vicinanza quotidiana

Un caregiver, letteralmente “chi si prende cura”, è una figura che assiste un familiare non autosufficiente dal punto di vista fisico e/o mentale. Si tratta di un vero e proprio lavoro a tempo pieno che comporta il totale adattamento alle esigenze della persona assistita. Un caregiver si occupa della dimensione quotidiana dell’assistito, in tutti i suoi aspetti, in gran parte condividendola. Il carico mentale e psicologico quindi è gravoso, per questo spesso chi assiste si scontra con il burden of illness, ovvero lo stress assistenziale, che fa sperimentare stati di ansia, irritabilità, insonnia, perdita di motivazione. Se da una parte il caregiver sceglie liberamente di dedicare il proprio tempo all’assistito, dall’altra deve anche sentirsi in dovere di prendersi cura di sé. Il caregiver non è un semplice badante e non è neppure un infermiere, ma è la persona che si prende la responsabilità di una vita, pur con tutti i timori di non riuscire ad intervenire in caso di emergenza sanitaria.
Questa figura fondamentale sta cercando di far emergere le problematiche riguardanti il difficile mestiere di curante h24; i caregiver infatti fanno parte di una delle categorie spesso dimenticate dal sistema politico-economico. Pur avendo ottenuto un fondo apposito durante il triennio 2018-2020, rientrando nella legge di bilancio, e pur potendo fare richiesta di benefici fiscali, basandosi sulle norme che tutelano la disabilità, come la legge 104, la loro identità non è riconosciuta. Rimane infatti un vuoto legislativo che fa sì che in situazioni come la distribuzione di bonus, i 600 euro per i lavoratori indipendenti durante l’emergenza Covid-19, non comprendano proprio loro. Essere riconosciuti è dunque l’obbiettivo primario di questi lavoratori, che in Italia rappresentano il 17% della popolazione, in quanto implica la loro tutela diretta. Il confronto governo-sindacati sulla legge di bilancio 2020-2023, nella quale vengono mantenuti i fondi per i caregiver, potrebbe accelerarne il riconoscimento giuridico. Già in diversi Stati europei, come Spagna, Francia, Romania o Polonia, questa categoria di lavoratori è riconosciuta con una legislazione ad hoc.

8,5milioni

di caregiver

7,3milioni

di questi assistono propri famigliari

45-63anni

età media

Nizza, la risalita spingendo sui pedali

Passano cinque lunghi anni per Sabrina e Daniele, legati ancora dall’amore, tuttavia anche dall’obbligo di assistenza che lei sente come un dovere inderogabile. Un giorno decidono di trascorrere insieme una vacanza a Nizza, per tentare di sfuggire a quella grigia routine, almeno per un po’, ma non sanno che in quei giorni di riposo quella routine verrà spazzata via per sempre. Una mattina Sabrina sta passeggiando da sola, quando all’improvviso sente una forte sirena rimbombare dalla spiaggia e vede centinaia di persone in costume da bagno che si gettano in acqua: ha appena assistito alla partenza dell’Ironman di Nizza 2012.

L’Ironman è una disciplina sportiva estrema, la versione più lunga del Triathlon. Una gara di Ironman si compone di tre pratiche sportive che si succedono l’una all’altra senza sosta: 3,8 km di nuoto – 180 km su strada in bicicletta e 42km e 195m su strada a corsa. A dispetto del nome, questo sport viene praticato sia da uomini che da donne senza alcuna differenza. Stesse discipline, stesse regole, stesse distanze e stessi percorsi.

Davanti all’energia che emanano quei corpi in competizione, sotto la spinta di uno sforzo fisico estremo, Sabrina capisce che deve rinvigorirsi anche lei e che deve trovare un modo per risollevare non solo la sua vita, ma anche quella di suo marito. Tornati a casa questa presa di consapevolezza non svanisce con la fine del viaggio e viene superato l’ostacolo più grande: scardinare quella routine che ha portato al punto di rottura. Tornando in un ambiente familiare è facile, infatti, reiterare le solite abitudini e pian piano tornare al punto di partenza, ma stavolta Sabrina non permette alla consuetudine di imporsi.

Si allena con tenacia, ogni giorno, e dopo tre anni è pronta per partecipare al suo primo Triathlon e poi nel 2016 al suo primo Ironman a Zurigo. Questi risultati abbattono lo stereotipo secondo il quale bisogna avere talento naturale per ottenere il massimo in qualunque campo. Prima di allora, infatti, la nostra Ironman non aveva mai praticato sport a livello agonistico. Anzi, da piccola le dicevano che non aveva talento per lo sport.

Tendere la mano per correre insieme

Chi deve fare i conti con il cambiamento di Sabrina è Davide. Gli impegni di sua moglie aumentano sempre più, il tempo da dedicare alla sua passione è tanto, mentre lui rimane ad aspettarla seduto ai bordi delle zone di cambio lungo il percorso durante le gare. La sua compagna di vita ora nuota nel mare freddo, corre sotto il sole cocente e pedala per chilometri infiniti… non è più affianco a lui h24. Davide non è egoista, non elemosina attenzioni, ha, però, la paura di perdere Sabrina.
Lei trova nello sport una possibilità di rinascita e col tempo la rabbia accumulata verso quel destino che riteneva ingiusto va scemando. Il pubblico che segue le gare è caloroso e le competizioni sono sempre cariche di entusiasmo, movimento e colori. Momenti che trasudano passione. Questa onda di energia sommerge Davide, che pian piano comincia a sentirsi sempre più coinvolto nella vita della sua amata Ironman. Come lei aveva scelto liberamente di dedicarsi a lui, così ora lui sceglie di supportarla in questa nuova vita.

Il traguardo: Be yourself be a hero

Nel 2017, durante un allenamento in bici in preparazione a un Ironman, Sabrina ha un’idea che si rivela vincente. Vuole testimoniare quello che ha passato, vuole far capire come sia possibile superare i traumi uscendone più forti. Ha già cominciato la formazione per diventare coach professionista e questo l’ha aiutata a capire meglio i passaggi psicologici che stanno dietro la risalita da un baratro, ma vuole fare di più.
Nasce così l’associazione Race across limits, “sfida contro i limiti”, che si impegna a favore della Fondazione COME, una onlus che prevede attività a sostegno di neonati e bambini disabili. Ha il via la prima avventura solidale di Sabrina e dei collaboratori di Race across limits: un viaggio in bici da casa, Besana Brianza, fino a Santiago de Compostela, dove sarebbe dovuta andare con Davide in quel lontano e tragico 2007. Si pedala a ritmo del motto: Sii te stesso, sii un eroe.
Da allora le avventure continuano, sfidando e percorrendo le lunghe distanze designate come palcoscenico per questa manifestazione di resilienza.

Per partecipare basta una donazione a COME e comunicare la taglia per il materiale tecnico, ma soprattutto tanta voglia di mettersi in gioco. I progetti futuri rimangono ambiziosi perché lo spirito rimane quello di andare oltre i propri limiti, ad ogni occasione sempre di più. Uno tra tutti: Epic, previsto per giugno 2021, cinque giorni e cinque vette che hanno visto sfilare le gare di ciclismo interazionale. È previsto poi un ritorno a Nizza, dove tutto è iniziato, passando di nuovo per Santiago de Compostela.

Sabrina è diventata una Ironman e ci dimostra tutti i giorni che si può rinascere e contagiare con la propria forza, andando anche oltre i limiti che noi stessi pensiamo di avere. In questo modo, dice:

Si può tornare a vivere con entusiasmo: io l’ho fatto!

Lei è Sabrina Schillaci.

E tu? Che Razza di Umano sei?!

Vuoi saperne ancora di più sulla vita della nostra Umana #0.4? Allora ascolta il nostro podcast e immergerti ulteriormente nella storia dei nostri resilienti umani!