Il Morbo di Crohn, un figlio affetto da una rara malattia genetica e un tumore al seno. Eppure tutto questo non ha fermato Monica Lo Dato.
L’Umano #0.16 è riuscito a voltare pagina ogni volta che la malattia ha bussato alla sua porta, fino a trasformare il dramma in opportunità. Questa è la sua storia.
Un acceso desiderio
Monica è una maestra d’asilo nido a Cassina de’ Pecchi ed è mamma di Fulvio. Un anno e mezzo dopo la nascita del suo primogenito, Monica scopre di avere il Morbo di Crohn, quando una parte del suo intestino è ormai in necrosi. Dopo una delicatissima operazione Monica si riprende. Rimane forte il desiderio di allargare la famiglia e così, nel 1998 arriva Giorgio.

L’istinto di una madre
Alcuni mesi dopo la nascita di Giorgio, Monica nota qualcosa che non la convince: il bambino è solito ‘assentarsi’ per alcuni momenti. Grazie anche alla sua esperienza di educatrice della prima infanzia, capisce che qualcosa non va e pensa si possa trattare di un tumore al cervello. Non è così. Giorgio è affetto da Sclerosi Tuberosa di Bourneville, una malattia rara e inguaribile di origine genetica che colpisce 1 bambino su 6.000. Per tutta la famiglia è l’inizio di un percorso doloroso e faticoso, dovuto anche al fatto che nessuno sa come questa malattia progredisca.
Per molto tempo, la nostra vita è andata avanti come quella della maggior parte delle famiglie con un caso di grave disabilità. Sempre in bilico tra speranza e scoraggiamento. Spesso in solitudine.
A seguito di complicazioni impreviste, a quattro anni Giorgio viene sottoposto a un’operazione al cervello, delicata, ma necessaria: l’intervento potrebbe causare un’emorragia cerebrale, ma senza morirebbe. Monica e suo marito decidono di correre il rischio e, fortunatamente, l’operazione si rivela un successo. Però nel frattempo, a Monica viene diagnosticato un tumore al seno, ennesima sfida che riuscirà a superare.
Il taglio del nastro
Nel pieno del dramma personale e familiare Monica decide di dare una svolta alla sua vita.
Mi sono chiesta: “Se Giorgio mi è stato donato, allora deve pur esserci un senso. E io questa ragione di vita la devo far emergere. Devo almeno provare a trasformare in opportunità quella che altrimenti sarebbe soltanto una tragica sfortuna”.
Così il 15 novembre 2011 Monica fonda a Cassina de’ Pecchi la Cooperativa sociale Casa Filippide che riunisce un gruppo di genitori di bambini con disabilità cognitive e neurologiche allo scopo di progettare e promuovere servizi di inclusione sociale. Si tratta di un luogo di speranza che vede la partecipazione attiva di genitori, di operatori e specialisti delle diverse disabilità cognitive e neurologiche. In particolare lo sport è il veicolo per l’inclusione: corsa, nuoto e altre discipline sportive sono sia attività terapeutico-riabilitative sia opportunità di integrazione.
La casa delle opportunità
Oggi Giorgio ha 21 anni, non parla e ha il quoziente intellettivo di un bambino di due anni, ma corre, nuota e ama la sua famiglia e i suoi amici. Monica ha cercato di fare appello a tutta la sua esperienza di educatrice per cercare di renderlo il più autonomo possibile.
Giorgio è sempre stato sereno, fiducioso negli altri, abituato a condividere la sua malattia. Mettendoci nei panni di chi lo doveva accogliere e trasferendo le nostre competenze, abbiamo creato le condizioni perché crescesse in mezzo agli altri. Questo è stato positivo per tutti.
L’obiettivo di Casa Filippide è riuscire a rendere i ragazzi parte della società, soddisfacendo quelle esigenze che sono comuni a tutti:
Sono i bisogni base: essere accettati, avere degli amici, essere inclusi in una società e sentirsi utili. Perché è questo che desiderano i ragazzi disabili: essere utili.
Monica è riuscita a superare ostacoli difficilissimi e oggi lavora con altri giovani affetti da disabilità simili a quella di Giorgio, mostrando a tutti nel concreto che cosa significhi condivisione.
Le altre foto di Gianluca Colonnese QUI.
E tu, che razza di umano sei?
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