Articolo di Francesco Angelone

È il periodo più bello dell’anno.

Dicono tutti che è il periodo più bello dell’ anno ed io ci credo sulla fiducia.

Se mi affaccio fuori dalla mia unica grande finestra, vedo sempre più luci, ogni sera che passa, ogni sera di più, mescolarsi come in un albergo orizzontale lungo tutto Corso Lodi, con tutto il buio elegante della mia bellissima città di adozione.

Già perché pure sul sito del comune risulto immigrato. In effetti sono calabrese. Sono partito e sono pure arrivato. Quindi sono anche un sopravvissuto. Provo spesso a ficcare parole che mi facciano camuffare, per sembrare più lombardo e maledetto, ma resto sempre comunque un profugo. Fatto sta che Natale a Milano è comunque una figata. La gente ride anche se non è felice per niente, mentre la nuova metro apre gratis, per un tratto, il tempo di vendere un po’ di noccioline. La Ferragni pure ne approfitta.  Quest’anno si è inventata un panettone tutto colorato. Costa un botto, ma vuoi mettere, sarà sicuramente buono come la padrona. Di Fedez invece alla stessa gente di prima gli importa meno.

Guardo in tv tutte le pubblicità esistenti sui regali natalizi. Poi penso che non devo farne nessuno. Nessuna ragazza rancorosa, nessun amico che poi cambia idea. Nessun bambino nato, nessun pianto notturno. Quanti soldi che non devo spendere. Poi penso che anche volendo io, i soldi, non li avrei.

Taglio i capelli da un egiziano, che questa volta mi racconta delle qualificazioni ai mondiali e di quegli stronzi dei senegalesi, che li hanno fatti fuori all’ultimo secondo, sti stronzi. Ma non devo dirlo che sono stronzi, mi dice. Io glielo assicuro, pago i 10€, basta che ne esco vivo, da sta storia.

Ma ti immagini, mi dico, se tu li avessi i soldi, non reggerebbe il castello. Allora cosa è meglio. Il meglio non esiste, neanche il possibile. Esiste solo che a Milano fa un cazzo di freddo ogni volta. Mi stringo il cappotto sul collo, tiro su col naso, poi guardando le mattonelle bagnate dalla pioggia mi scordo pure di come mi chiamo.

Auguri, mi fa il barbiere. Io annuisco sorridendo e chiudo la porta.

Auguri un cazzo, penso poi.

Francesco Angelone